Confidences trop intimes
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Signor Faber... Veniva da me?
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- No no, passavo di qua.
- Passava?

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- Si.
- Io vado a pranzo. Lei ha pranzato?

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No.
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È il paziente che deve fare l'inchiesta
e riunire gli indizi.

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Lo psicanalista non sa niente.
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Sa soltanto quello che sa
anche il paziente. Mi segue?

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Veramente no. No, perché più la vedo
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- e meno capisco che cosa succede.
- Un dessert.

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- Macedonia di frutta cinese.
- Grazie.

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- E il conto.
- Grazie.

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Ascolti. I nodi della sua cravatta
sono impeccabili,

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i suoi affari vanno a gonfie vele,
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ma che la sua vicinanza fortuita
e temporanea con la psicanalisi

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le insegni almeno questo:
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lei non ha tutto sotto controllo,
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c'è qualcosa che le sfugge.
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Non siamo nel mio studio
e quindi non è una consultazione,

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ma niente le impedisce d'invitarmi a pranzo.
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Mi è venuta in mente una cosa.
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Chi le dice che sia davvero sposata?
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Perché mi mentirebbe?
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Lei non le ha fatto credere
di essere uno psicanalista?

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Magari è una mitomane
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La finta nevrotica e il finto psichiatra.
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Potrebbe essere.
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Meglio ancora,
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non ha affatto sbagliato porta
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e ha suonato alla sua apposta.

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