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In seguito Mary scrisse:
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"Me ne andai a letto, ma non riuscivo
né a dormire né a pensare".
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"Vidi con gli occhi chiusi
ma con un'acuta visione mentale
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il pallido studente di arti proibite
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inginocchiato di fronte alla cosa
che aveva messo insieme."
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Ed ecco Frankenstein infangare la morte.
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"Vidi la forma orribile di un uomo disteso,
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e poi grazie all'opera
di un qualche potente strumento,
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lo vidi dar segni di vita e agitarsi
con un penoso moto semi-vitale."
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"Ll creatore si terrorizzava
del suo stesso successo."
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"Scappava via dalla sua stessa
opera odiosa, scosso dall'orrore."
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"Non riuscivo a liberarmi
dell'orribile spettro che mi perseguitava."
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"Al mattino dissi agli altri
che avevo in mente una storia."
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Shelley la incoraggiò a sviluppare l'idea.
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Rivide anche il manoscritto
durante la stesura.
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Quasi due anni dopo, nel marzo del 1818,
Frankenstein venne pubblicato.
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Nel 1831, Mary Shelley pubblicò
la seconda edizione del romanzo,
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con una nuova prefazione che descrive
la genesi del libro e si conclude
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con un appello alla "spaventosa progenie
di spargersi per il mondo e prosperare".
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Appello che fu preso alla lettera.
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Frankenstein è uno dei romanzi
più pubblicati
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della storia della letteratura.
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Ci si rese subito conto che la storia
era adatta a una trasposizione teatrale.
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Nel 1823 uscirono almeno cinque
versioni diverse, di cui alcune comiche.
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Una di queste, Presumption; or, the Fate
of Frankenstein di Richard Peake,
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servì da principale
adattamento teatrale del romanzo
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e da punto di partenza
per elaborazioni successive.
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Azione e melodramma
erano al centro del dramma di Peake,
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in cui Frankenstein e la sua creatura
venivano presentati come antagonisti.