King Lear
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Soffia!
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Cateratte del cielo ed uragani,
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rovesciatevi a fiumi sulla terra
fino a sommergere le nostre guglie,

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e ad annegare i galli giravento.
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Voi, fuochi di zolfo,
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araldi di fulmini
che schiantano le querce,

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scotennate questa mia testa bianca!
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E tu, tuono, che tutto scuoti e scrolli,
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percuoti e schiaccia il mondo
nella sua rotondità;

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stritola le matrici di natura,
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spargi e disperdi in aria tutti i germi
che creano l'uomo ingrato.

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L'ipocrita acquasanta della corte
fra quattro mura asciutte

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è meglio di quest'altra acqua qui fuori.
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Torniamo a casa dalle tue figliole.
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'Sta notte non ha pietà
per matti né per savi.

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Rombati il ventre, cielo.
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Sputa fuoco!
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Scroscia, tu, pioggia!
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Pioggia, vento, tuono, guizzi di fuoco,
non sono figlie mie.

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Non vi posso accusar d'ingratitudine.
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A voi non diedi un regno,
né vi chiamai miei figli.

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Non mi dovete obbedienza di sorta.
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Rovesciate i vostri sfoghi su di me.
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Io son qui, vostro schiavo,
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un pover'uomo infermo e derelitto;
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vi chiamo tuttavia vili strumenti
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al servizio di due figlie degeneri,
per scatenare dall'alto del cielo

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schiere su una vecchia testa canuta.
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Oh, oh, questa è un'infamia!
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Chi ha casa dove riparar la testa,
ha proprio un buon cappuccio.

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Sarò un modello di sopportazione.

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