King Lear
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Sputa fuoco!
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Scroscia, tu, pioggia!
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Pioggia, vento, tuono, guizzi di fuoco,
non sono figlie mie.

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Non vi posso accusar d'ingratitudine.
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A voi non diedi un regno,
né vi chiamai miei figli.

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Non mi dovete obbedienza di sorta.
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Rovesciate i vostri sfoghi su di me.
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Io son qui, vostro schiavo,
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un pover'uomo infermo e derelitto;
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vi chiamo tuttavia vili strumenti
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al servizio di due figlie degeneri,
per scatenare dall'alto del cielo

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schiere su una vecchia testa canuta.
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Oh, oh, questa è un'infamia!
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Chi ha casa dove riparar la testa,
ha proprio un buon cappuccio.

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Sarò un modello di sopportazione.
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Zitto, non dirò nulla.
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- Chi va là?
- Un savio e un matto.

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Gli dèi superni che sul nostro capo
fanno tanto frastuono

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stanino ora chi è lor nemico.
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Trema, tu, sciagurato, che porti in te
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delitti inconfessati ed impuniti:
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Trema fino a spezzarti, tu, furfante,
che fingendoti onesto,

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cercasti la morte del tuo prossimo.
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Segrete colpe, delitti ignorati,
squarciate le cortine che vi celano,

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e invocate la grazia
davanti a queste terribili accuse.

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Ho subito più peccati di quanti
n'abbia mai io commesso.

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Signore, a due passi
c'è una capanna;

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troverete da amici miei riparo
dalla furia di questo temporale.

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I miei sensi cominciano a smarrirsi.

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