King Lear
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e avevo più amanti donne d'un turco.
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Falso di cuore, leggero d'orecchio,
sanguinario di mano,

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porco all'ozio, volpe al rubare,
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lupo al divorare, cane alla rabbia,
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leone alla preda.
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Non far servo il tuo cuore d'una donna
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sol per lo scricchiolar dei suoi scarpini
o il frusciar d'una sua veste di seta.

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E poi sfida il demonio.
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E soffia il vento gelido sui rovi.
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Eh, tu staresti meglio nella tomba
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che a contrastar così, a corpo nudo,
la scatenata violenza del cielo.

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È nient'altro che questo,
dunque, l'uomo?

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Consideriamolo bene un momento.
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Tu non sei debitore
di seta al baco, di pelle alla bestia,

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né di lana alla pecora,
né di essenza odorosa allo zibetto.

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E qui, davanti a te,
ci sono invece tre adulterati.

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Tu solo sei la cosa genuina.
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L'uomo non misturato ad un vestito
non è altro che il povero animale

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bipede ignudo, che ora sei tu.
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Via via, ciarpame in prestito al mio corpo!
Su, sbottonami qui.

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E voi chi siete?
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E voi chi siete?
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Dite i vostri nomi.
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Chi va là?
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È il sozzo demonio Flibberdìgibet!
Via, strega, vattene via!

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È un gentiluomo il signor delle tenebre
e lo chiamano Modo ed anche Mahu.

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Povero Tom, ha freddo!
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Venite. Vi porto in un luogo dov'è
per voi ristoro e fuoco.


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