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Se tornerete a stare con mia sorella
fino alla fine del mese fissato,
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congedando metà del vostro seguito,
poi verrete da me.
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Or son lungi da casa e senza mezzi
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per provveder alla vostra assistenza.
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Ritornare con lei,
e congedar cinquanta dei miei uomini?
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No! Piuttosto rinuncio ad ogni tetto,
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per andar ramingo e solitario,
ed affrontare l'inclemenza dell'aria,
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e ad avere compagni il lupo e il gufo.
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- Che cosa ti fa far la necessità!
- A vostra buona scelta, mio signore.
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Ti prego, figlia, non farmi impazzire.
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Ti toglierò il disturbo, figlia.
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Addio.
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Non ci rincontreremo più, per sempre.
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Eppure tu sei pur sempre mia carne,
mio sangue, sei mia figlia;
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o meglio, no, tu sei una cancrena
che devo riconoscer cosa mia;
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una verruca, una piaga maligna,
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una pustola gonfia di carbonchio,
un tumore nel mio sangue corrotto.
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Ma non ti voglio muovere rimprovero.
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L'infamia venga da te, quando vuole;
io non voglio invocarla.
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Non chiederò a Dio che ti fulmini,
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né ti denuncerò al giudice Giove.
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Pentiti quando vuoi;
migliorati a tuo agio;
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so essere paziente;
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posso star con Regana,
con i miei bravi cento cavalieri.
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Perché non vi potreste far servire
mio signore, dai dipendenti suoi,
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o dai miei?
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Già, giusto, perché no?
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Così se commettessero mancanze,
potremmo noi riprenderli a dovere.
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Se volete venire a star con me,