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Io l'avevo già visto
la mattina nella hall.
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Era appena arrivato in albergo. . .
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. . .e stava seguendo il ragazzo
che gli portava le valigie. . .
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. . .verso l'ascensore.
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Mi ha guardata mentre passava.
Solo un'occhiata.
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Di sfuggita.
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Ma io non riuscivo più. . .
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. . .a muovermi.
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Quando provammo quella scena. . .
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. . .eravamo noi tre, ci spogliammo
rimanendo in mutande. . .
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. . .non Stanley, solo noi.
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E parlammo della scena. . .
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. . .senza preoccuparci
troppo delle battute.
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Migliorava lentamente.
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Facevamo prova dopo prova.
Dissi a Stanley: "Cosa cerchi?"
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Disse: "Voglio la magia.
Voglio la magia" .
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Ma mentre la scena progrediva,
dopo averla ripetuta così tanto. . .
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. . .senti che la scena ha raggiunto
un livello interessante. . .
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. . .ma continuammo a lavorarci su
e non andava bene.
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Era stantia. Non funzionava.
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E poi improvvisamente sentimmo
che raggiungeva un punto. . .
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. . .che nessuno di noi
aveva immaginato prima.
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Il processo del film
fu una scoperta.
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Non era il risultato.
Non era mai:
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"Beh, abbiamo una settimana
per questa scena. Presto, facciamola.
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Potremmo non esplorarla
a fondo ma andrà bene" .
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Stanley voleva
esplorare tutte le strade. . .
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. . .e prendere le sue decisioni
in base a quello.
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E Stanley non era pressato
dal tempo, si rifiutava di esserlo.